La relazione tra l’uomo e il cane è basata soprattutto sulla fiducia, sulla sintonia e su una reciproca collaborazione. Per la verità, il rapporto tra uomo e cane non è sempre stato pensato in questi termini; solo negli ultimi anni, infatti, la relazione tra il cane e il padrone è stata analizzata in termini diversi anche per merito dei cambiamenti sociali e culturali che si sono verificati e – grazie ai quali – i cani hanno assunto un valore sempre più importante che spinge gli uomini, o una buona parte di chi li ama, a trattarli con maggiore rispetto.
Fino a quaranta anni fa, in effetti, era dominante l’idea secondo la quale il cane dovesse svolgere un mero ruolo di compagnia per l’uomo e per questo motivo, a partire dalla scelta della razza, per poi passare alla fase di addestramento e finire nel modello di gestione, ci si preoccupava quasi esclusivamente di predisporre il cane al particolare compito affidatogli e a impostare un training specifico di obbedienza al padrone. In passato, quindi, il rapporto tra cane e padrone era molto pratico ed era esclusivamente basato sull’idea che il cane fosse una compagnia per l’uomo e tale doveva rimanere. Il cane, quindi, aveva un suo spazio nel box o una sua cuccia in giardino e gli era permesso di stare in casa solo per fare compagnia al suo padrone, mettendo in pratica un compito ben preciso e circoscritto all’interno delle mura di casa. Anche nei momenti in cui, il padrone concedeva al cane la possibilità di passare delle ore all’interno della casa, l’animale continuava a non essere considerato come un vero e proprio compagno di vita. Semmai era più un oggetto, un surrogato, una specie di scaldino affettivo.
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L’evoluzione del rapporto cane padrone
Sicuramente queste situazioni esistono ancora oggi dal momento che i cambiamenti, specie a livello redazionale, sono sempre graduali. In Italia, ad esempio, in alcune valli alpine, in Maremma oppure nelle zone interne del meridione, è possibile ancora riscontrare queste culture cinofile antiche. Ma è anche vero che, a partire dalla seconda meta del 900, c’è stato un cambiamento radicale nel modo di trattare gli animali. Questo è avvenuto principalmente per merito di due fenomeni: da una parte, c’è stata la nascita del movimento animalista che ha posto l’accento sul valore spirituale degli animali intraprendendo una dura lotta contro la considerazione dell’animale come ‘oggetto’ e imponendo una linea di pensiero diversa che vede l’animale come un soggetto, quasi analogo, a quello umano.
In questo modo il cane è diventato parte integrante della famiglia e la sua presenza all’interno della casa non è legata ad un’azione che si concede al cane per un sentimento di pietà o di solitudine di cui il padrone è animato, ma è l’esito di una precisa volontà espressa dall’uomo che considera il cane come parte integrande della propria quotidianità. Ecco perché oggi si usano espressioni del tipo ‘adottare un cucciolo’ al posto di ‘acquistare un cane’: perché in effetti, il cane viene assimilato ad un bambino più che ad un animale. L’educazione del cane, quindi, è diventata più gentile ed assumono sempre più importanza anche espressioni linguistiche più vicine al mondo umano che a quello animale. A tutti, infatti, sarà capitato di rivolgersi al proprio cane come ad un bambini, specie quando è malato o giù di tono. Da padrone del cane, quindi, l’uomo si è trasformato in amico e compagno per cui non c’è più un rapporto verticale, bensì orizzontale dal momento che l’uomo mira a condividere qualcosa con il proprio cane e non semplicemente ad imporgli un comando.
Evitare di trattare il cane come un bambino
Preoccuparsi del proprio cane, tuttavia, non deve significare trasformare il proprio cane in un essere umano. In alcuni casi, in effetti, l’atteggiamento dell’uomo verso il proprio cane sempre essere eccessivo poiché si tende a pensare che effettivamente il cane possa avere le stesse necessità del bambino, cosa non affatto vera. Trattare un cane come un bambino, in effetti, può diventare anche pericoloso: il cane chiede di essere trattato da cane, ossia secondo le proprie esigenze etologiche. Banalizzazione e pietosismo, infatti, possono risultare pericolosi.