In questa guida spieghiamo come diventare capobranco di un cane.
Come già visto, sarà importantissimo il tipo di rapporto che costruiremo o che abbiamo costruito durante la comune condivisione di mille esperienze vissute insieme. E non mi stancherò mai di ripetere che un buon rapporto con il nostro cane è basato sulla nostra leadership, che rassicura ed affida al nostro ausiliare le giuste responsabilità e spazi, e che semplifica tutti gli aspetti della nostra convivenza, inclusi quelli di carattere venatorio. Il nostro cane dovrà fare riferimento su di noi e, quando viene da noi richiamato, deve essere per lui chiaro che chi lo sta richiamando è il suo “capobranco” e non un suo pari livello o – peggio ancora – un bipede qualunque.
Per riuscire a costruire la nostra immagine di leader e farla rispettare, dovremo cercare di comunicare con il nostro cane non in modo umano, ma quanto più possibile in modo “canino”. Ciò è più semplice da dire che da fare! Noi esseri umani, comunichiamo prima con la parola, poi con il corpo, e zero con l’olfatto. Il cane comunica invece prima di tutto con l’olfatto, poi con il corpo ed infine con le vocalizzazioni.
Da queste constatazioni possiamo già intuire quanto i nostri mondi siano lontani e quanta difficoltà avremo a far pervenire al nostro amico un messaggio corretto. Malgrado ciò, abbiamo la certezza che dal canto suo ce la metterà tutta per cercare di comprenderci e non deluderci, ripagandoci con amore incondizionato, fedeltà e solerzia nell’eseguire i nostri comandi.
L’uomo ed il cane vivono una partnership che dura ormai da svariati millenni e che affonda le proprie radici in epoca preistorica. Ciò ebbe inizio quando alcuni lupi, spinti dalla fame e dall’innato opportunismo, iniziarono a seguire da vicino le tribù di nomadi, ottenendo cibo “facile” ricavato dai loro avanzi. D’altro canto gli umani trassero vantaggio da questa convivenza, in termine di aiuto durante la caccia e di guardia durante le lunghe e buie notti di quell’epoca. In nostro aiuto oggi vengono l’esperienza e gli studi che molti scienziati ed appassionati hanno sviluppato in proposito, osservando ed impossessandosi di vari modi di comunicazione che i cani utilizzano per interagire tra di loro. Sappiamo per esempio che tutti i cani, indipendentemente dalla razza o dalla provenienza, utilizzano il medesimo codice comunicativo, cosa che semplifica non poco la materia: quando si incontrano, si annusano, si studiano, mettono in atto il loro atteggiamento ritualizzato e – senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo – hanno già capito chi tra di loro è ostile è chi non lo è, chi è il leader e chi è il sottoposto, il tutto senza scontri, senza morsi, solo annusandosi e guardandosi. Ciò, chiaramente, è vero tra soggetti sani, equilibrati e ben socializzati a livello intraspecifico. Naturalmente un povero cane maltrattato, insicuro, non socializzato ai suoi simili, appena dovesse entrare in contatto con un altro cane, molto probabilmente non attuerà tale fase ritualizzata, scaricando tutta la sua insicurezza e frustrazione in un attacco brutale ai danni del malcapitato. Sta a noi quindi – attraverso l’utilizzo del loro codice di comunicazione – far pervenire chiaro il nostro messaggio che è: Io sono il capobranco, il membro dominante del tuo branco e tu sei il mio sottoposto.
Questo concetto che per noi umani appare oppressivo, è invece normale e ben accetto per i nostri cani: loro non si offendono, non si risentono, anzi vi saranno grati per aver dato loro un ruolo chiaro e ben definito nel vostro “branco umano”. In natura il lupo (ma anche il cane inselvatichito) ha una rigidissima struttura gerarchica piramidale, al vertice del quale c’è una coppia “alfa”. Tutti gli altri stanno sotto ed obbediscono ciecamente alle disposizioni impartite dai capibranco, pena l’espulsione dal gruppo, fatto che in natura significa nella maggior parte dei casi morte certa o addirittura – nei casi più drammatici – l’abbattimento dell’individuo indisciplinato, effettuato dal branco stesso. L’uomo è un animale sociale ed anche il cane (come il lupo) è un animale altamente sociale: per lui il branco è vita, senza branco c’è solo morte. Ecco quindi la necessità per il cane di essere ben integrato nel nostro “branco” e con dei ruoli ben precisi che devono essere assegnati e fatti rispettare dal suo leader umano, cioè da noi. Nel branco di lupi o cani selvatici i componenti “sottoposti”, cioè i “beta” e gli “omega”, cercano sempre in modo incruento (o quasi) di dare la scalata alla loro piramide sociale. È quindi compito degli “alfa” essere coerenti e richiamarli all’ordine, senza mai concedere nulla in più di quanto già attribuito al soggetto che dovesse prendersi troppe libertà. Il ruolo del capobranco in natura è un ruolo difficile, logorante, che implica spesso la prematura dipartita dei soggetti che lo detengono. Ed infatti non tutti i cani (ed i lupi) nascono per ricoprire questo difficile ruolo e con le capacità per sopportare il pesante fardello che esso comporta, perché il leader non ha mai pace, deve mantenere l’ordine all’interno del branco, lo deve difendere dalle minacce esterne, lo deve guidare nel territorio, lo deve sfamare, lo deve rinvigorire con nuove leve. La riproduzione è infatti appannaggio unicamente della coppia alfa. Il nostro cane che nasce già programmato dalla natura per questo stile di vita, sarà ben felice di lasciare che siamo noi i dominanti del branco in cui è inserito, a patto che noi si riesca a guadagnare ai suoi occhi questo prestigioso ruolo – e quindi il suo rispetto. Ciò non otterremo con le “mazzate”, non lo otterremo terrorizzandolo, ma solo con il corretto comportamento e con la coerenza.
Cosa si intende per coerenza (nel caso del rapporto con il nostro cane)? È presto detto, se dico no ad una cosa, sarà no per sempre, se dico si ad una cosa, sarà si per sempre. Non ci devono essere mezze misure.
Il capobranco è risoluto, determinato, non ha indecisioni o ripensamenti, non ha paure o timori; il capobranco in natura dà la vita per tutelare il proprio gruppo, ed i membri che lo compongono lo sanno, per loro è una certezza che conferisce sicurezza! In cambio però, dovranno essere disciplinati ed attenti nel rispettare scrupolosamente le rigide regole del branco.
Quindi
-se concedo qualcosa al mio cane dovrò farlo per sempre
-se non concedo qualcosa al mio cane, quella cosa non la dovrà mai ottenere.
Questa coerenza è parte imprescindibile del linguaggio del cane. L’essere a volte “generosi” ed a volte severi genera in lui solo confusione ed insicurezza. Nella sua testa, un diritto concesso una volta, è un diritto acquisito per sempre e lui ci metterà sempre alla prova; starà a noi – da buoni capibranco – ribattere sempre colpo su colpo, riaffermando la nostra leadership.
Per chiarezza faccio un esempio banale: siamo a tavola, stiamo mangiando, il cane attratto dal profumino allettante si avvicina al tavolo e, da buon opportunista qual’è, ci mette su le zampe cercando di avvicinarsi al cibo. A questo punto possiamo fare due cose: o lo lasciamo fare senza disturbarlo, oppure con tono deciso e risoluto lo faremo scendere immediatamente dal tavolo, non permettendogli questa libertà. Il cane accetterà la vostra decisione di buon grado, ma voi per contro non dovrete permettere al cane di salire sul tavolo una volta su dieci: o sempre no, o sempre si. E questa coerenza va applicata a tutto ciò che volete o non volete che lui faccia. Andremo così a definire gli ambiti in cui vogliamo che egli si muova ed in maniera solerte andremo sempre a riprendere eventuali sue trasgressioni.
Per poter “parlare” il linguaggio del nostro cane e fargli capire chi tra noi è il capobranco, oltre alla coerenza dovremo detenere l’assoluta gestione delle risorse. Per gestione delle risorse, si intende la gestione del cibo, dello spazio, del gioco, del contatto sociale (coccole), dell’attività sessuale. L’acqua va sempre lasciata a disposizione, ma da buon capobranco, starà a noi decidere quando si mangia, quando si gioca, quando è il momento delle coccole, dove si va e quali sono gli spazi a disposizione dell’animale in casa e fuori.
Quanto poi al tema della riproduzione, esso rientra in un discorso di selezione che deve essere appannaggio esclusivo di persone competenti quali gli allevatori. Il pensiero di far accoppiare i nostri cani liberamente anche solo perché pensiamo che per lui l’accoppiamento rappresenti un bisogno fisiologico è del tutto fuori luogo perché i cani non soffrono di astinenza sessuale: possono tranquillamente vivere la loro esistenza senza avere rapporti e senza subire per questo frustrazione alcuna, esattamente come succede in natura (dove – come ho già spiegato – solo la coppia “alfa” si riproduce).
Analizziamo ora la gestione delle risorse nel dettaglio.
Il cibo
Per iniziare è meglio se il cibo viene dato sempre dalla stessa mano, cioè la nostra (se però ci ammaliamo o siamo via per lavoro e capiterà che qualche volta il cibo venga dato da altre persone di fiducia, non accadrà nulla). Se il cane ci vede mangiare, il cibo va somministrato sempre dopo che abbiamo mangiato noi poiché lui sa benissimo che prima mangia il leader, poi mangiano gli altri membri del branco. Fate eseguire al cane qualche esercizio prima di farlo mangiare, cosicché il cibo venga guadagnato. Se il cane non consuma entro dieci/quindici minuti il cibo che gli avremo proposto, la ciotola deve tassativamente sparire per essere ripresentata solo al pasto successivo. Evitate di dare al cane parte di quello che state mangiando: durante il pasto del capobranco, egli non condivide mai il suo cibo col sottoposto.
Il rapporto sociale
Le coccole vanno fatte solo quando lo decidiamo noi e non quando vengono richieste dal cane. Per esempio: al rientro dopo una lunga giornata di lavoro, quando il cane ci viene incontro scodinzolante, va ignorato per almeno cinque minuti, durante i quali non dovremo nemmeno incrociare il suo sguardo; solo dopo potremo dedicargli la nostra attenzione. I sottoposti vanno incontro al leader per rendergli omaggio, ma in quel frangente il leader li ignora.
La gestione degli spazi e del territorio
In casa e fuori, il nostro cane dovrà muoversi in ambiti distinti con zone scelte a nostra discrezione. Solo in fase di caccia gli concederemo il privilegio di essere indipendente nella cerca, mantenendosi comunque sempre collegato a noi.
Il gioco
Per il gioco vale il discorso fatto per il rapporto sociale. Limitiamo comunque le parole ai soli comandi ed alle gratifiche, utilizzando suoni che possibilmente non siano di uso comune: ecco perché a volte si usano parole straniere. Eviteremo in questo modo di generare confusione nella testa del nostro amico. Attuando queste semplici regole, ci comporteremo esattamente come il nostro cane si aspetta che si comporti il suo leader, guadagneremo così il suo rispetto e la sua fiducia, una volta ottenuti i quali tutto per noi diventerà più semplice. Provate ad applicare queste semplici regole alla vita di tutti i giorni e constaterete dei miglioramenti nel rapporto con il vostro cane già dopo una decina di giorni.