In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del cane Dogue de Bordeaux, il suo carattere e l’alimentazione corretta.
Indice
Cane Dogue de Bordeaux: il molosso imperturbabile
A questa ferrea regola sono quasi sempre sfuggiti i grandi molossoidi, oggi solo apparentemente anacronistici se si vuol considerare il loro limitato utilizzo della maggioranza di essi rispetto al passato.Questi cani furono sempre oggetto di grande interesse e lo testimonia il gran numero di razze create nelle varie aree geografiche.
I molossoidi, accomunati da quello loro caratteristica espressione imperturbabile, hanno attraversato indenni i secoli, sempre, inossidabili alla volubilità della moda.
Oggi le grandi razze molossoidi sono utilizzate nella guardia e, in casi più limitati, nella difesa degli armenti.Tramontata l’epoca dell’impiego bellico, furono in anni nemmeno troppo lontani ausiliari nella caccia grossa, nella custodia dei Beni e, purtroppo, anche impiegati nei combattimenti con i consimili.
La genesi del ceppo molossoide si perde nel tempo e quindi può essere ipotizzabile ma solo a grandi line, senza nessuna certezza.
La filogenesi non è una scienza dogmatica. lnconfondibili nel loro aspetto somatico, i molossoidi grandi e piccoli sono caratterizzati da una struttura massiccia e possente, cranio alquanto voluminoso, testa quasi sempre brachicefala (cioè più larga che lunga) con muso corto e forte e vantaggioso sviluppo delle arcate zigomatiche e dei muscoli masseteri.
II tutto serve a garantire una presa ferrea. Taluni cinologi asseriscono che il capostipite delle numerose razze molossoidi di grande mole oggi esistenti sia individuabile nel Mastino Tibetano, probabilmente in una sua forma arcaica (o forse anche più recente) ma probabilmente scomparsa negli anni cinquanta allorquando la Cina (tra l’indifferenza del mondo) invase in maniera devastante e cruenta il Tibet imponendo al mite popolo Tibetano una secolarizzazione che non risparmiò nulla.
Keller, Kraemer e Tschudy indicano l’Asia come luogo d’origine e conseguente centro di diffusione del primo Mastino, che pare sia appunto quello Tibetano, di cui si hanno notizie nella letteratura cinese risalente al 1121 avanti Cristo.
Fermo restando che non è data sapere da dove sia spuntato questo primo Mastino, – e curiosamente nessun cinologo, si è mai preoccupato di porsi domande in tal senso – si ipotizza che dall’altopiano del Tibet questi cani si siano propagati dapprima nel Nepal, poi in Cina e in India da dove poi approdarono in Grecia e successivamente presso i Romani i quali li condussero al loro seguito nel resto di quello che oggi e il territorio Europeo e all’epoca si stavano delineando i nuovi confini dell’impero.
La diffusione dei molossoidi potrebbe essere avvenuta per tre vie.La prima riconducibile ai Fenici, mitici navigatori e abili commercianti che con indomito coraggio e non comune spirito di intrapresa solcarono i mari per barattare merci di ogni genere e forse anche cani.
Non vi sono oggettivi riscontri, ma è inconfutabile che cani molossi sono presenti in tutti i Paesi dove approdarono le navi fenicie, dall’Italia, alla Spagna, alla Francia e alla Britannia.
La seconda potrebbe essere la diretta conseguenza delle conquiste greche in Asia. Alessandro Magno, nel corso delle campagne belliche asiatiche, fu costretto a fronteggiare inaspettatamente cani da combattimento di inaudita ferocia e al ritorno in Macedonia e verosimile che ne abbia condotti con se.
Nel 168 a.C. Paolo Emilio conquista la Macedonia e parte integrante del bottino di guerra furono cento molossi dell’Epiro, probabili discendenti dei cani che Alessandro si era portato dall’Asia. La terza ipotesi prende corpo dai mitici “pugnaces britanniae”, cani da combattimento usati in battaglia dai Britanni contro l’esercito invasore di Giulio Cesare. II valoroso condottiero potrebbe averne portato in Italia alcuni esemplari. Certuni propendono per una formazione tutta europea del ceppo molossoide, individuandone il capostipite nel massiccio lupo della Svezia centrale, caratterizzato da una testa imponente.
A tutte queste belle ipotesi è attribuibile un valore paritetico perche nessuna di esse può smentire l’altra.
Sussiste la solo certezza etimologica: il termine “molosso” deriva dai Molossi, popolo dell’antico Epiro, oggi regione della Grecia affacciata sul Mar lonio.
Cane Dogue de Bordeaux: la storia
Anche le origini del cane Dogue de Bordeaux non possono essere individuate con precisione.
Esiste una descrizione piuttosto dettagliata tramandataci da Varrone (risalente al primo secolo a.C.) e traendo spunto da questa testimonianza, i cinologi transalpini – eternamente animati dal loro inguaribile sciovinismo – vorrebbero precipitosamente classificare la razza come autoctona in aperto contrasto con una verosimile teoria anglosassone che propende per una discendenza diretta dal Mastiff e dall’immancabile Bulldog Inglese.
Quest’ultimo, un tempo somaticamente diverso dall’attuate, contribuì alla creazione e alla ricostituzione di molte razze molossoidi, compreso il nostro Mastino Napoletano. Non manca chi vorrebbe il Dogue di Bordeaux discendente da mastini giunti in Europa al seguito del popolo invasore degli Alani. Altri autori ravisano incroci tra l’Alano, il Mastiff e l’iberico Dogue de Burgos.II Dogue di Bordeaux è considerata, tra le razze francesi, la più antica in assoluto.
Cane Dogue de Bordeaux: il carattere
Pare che agli inizi del novecento questo cane fosse molto popolare in Francia come cane da combattimento soprattutto nei dintorni della città omonima da cui prese poi la denominazione ufficiale.
L’evolversi della cultura influisce anche sui criteri selettivi delle razze canine e nell’attualita l’obiettivo da porsi deve essere quello di mantenere inalterate le caratteristiche somatiche ma sfrondando il carattere dai fattori oggi indesiderabili perche anacronistici.
Compete all’allevatore dare consigli appropriati ai proprietari dei suoi cani perchè nessun cane di utilità deve essere gestito da persone inesperte.
Attualmente il cane Dogue di Bordeaux è apprezzato come cane guardia e quindi deve essere ben equilibrato e saper esternare una giusta dose di aggressività solo a ragione veduta.
Compito del cane guardiano è quello di tenere lontano gli estranei dalla proprietà con la sua stessa presenza e con l’abbaio. II cane possiede uno spiccato senso della territorialità (anche se varia da razza a razza) e questo fattore consente alle razze da guardia di svolgere egregiamente questa antica quanto utile funzione.
II cane deve essere lasciato libero nel territorio affidatogli e se questo non è costantemente possibile, sarà opportuno allestirgli un recinto per i momenti di necessità.
Nonostante il diffondersi della cultura cinofila, persiste un errore ricorrente che consiste nel lasciare il cane da guardia costantemente nella proprietà senza mai farlo uscire.
In tal modo viene frustrato quell’istinto di territorialità che consente al cane di difendere do che considera suo.
Possono bastare un paio di uscite settimanali per permettergli di percepire diversi stimoli sia olfattivi che acustici.
La passeggiata costituisce anche un’ottima occasione per mantenere vivo il rapporto affettivo con il padrone che non deve mai venire meno anche se il cane guardiano spesso lasciato solo per motivi contingenti. Certe abitudini devono essere date in prospettiva del futuro ruolo e fin da cucciolo si abituerà il nostro amico a non avere eccessivi contatti con persone estranee alla famiglia, pur evitando un isolamento inutile. Si avrà cura di non farlo toccare da estranei anche se questa abitudine può apparire ovvia perchè in linea generale, nessun cane deve essere toccato senza autorizzazione del padrone.
Un altro accorgimento utile può essere quello di somministrare il cibo sempre nello stesso luogo.
L’istinto guardiano fa parte del corredo genetico ma deve essere opportunamente coltivato e incanalato nella sua fase iniziale, cioè nell’età giovanile.
Per concretizzare un esempio, quando un estraneo si presenta al cancello, il cane – già da cucciolone – abbaierà per difendere il suo territorio.
Bisogna incoraggiare questo atteggiamento positivo facendolo sentire vincitore in modo che acquisisca consapevolezza dei suoi mezzi.
Si chiederà quindi a una persona compiacente di fermarsi fuori dal cancello e di allontanarsi, con naturalezza e mai bruscamente, non appena la reazione del cane sarà convincente.
Ripetendo qualche volta questo semplice ma utile accorgimento in tempi diversi, il cane si sentirà gratificato perchè collegherà l’allontanamento della persona al suo abbaiare.
Lo standard del cane dogue de Bordeaux
II Dogue de Bordeaux è un cane possente, muscoloso ma non privo di armonia.
La testa è brachicefala (cioè la larghezza prevale sulla lunghezza) e molto voluminosa.
Nel maschio il perimetro del cranio, misurato nel punto di maggior larghezza, può essere uguate all’altezza al garrese. Questa particolarità riveste molta importanza perchè una relativa maggior potenza contribuisce ad accentuare il dimorfismo sessuale.
Gli assi cranio-facciali (profili superiori del cranio e del muso) sono convergenti. Devono essere presenti le caratteristiche rughe simmetriche e piuttosto profonde che si accentuano quando il cane è in attenzione. Altro particolare importante perchè contribuisce a tipicizzare l’espressione.
II muso deve essere molto più corto rispetto al cranio ed è largo e possente.
Molto difettoso il muso eccessivamente corto e appuntito.
II naso (tartufo) è nero o color bruno in sintonia con il colore della maschera, non deve essere mai macchiato o depigmentato.
Le mascelle sono larghe e potenti e la dentatura deve essere compteta e forte.
II Dogue di Bordeaux è prognato e pertanto la mandibota è più lunga rispetto alla mascella.
II prognatismo non deve però essere eccessivo e si quantifica in un paio di centimetri. I denti incisivi e canini non devono essere visibili a bocca chiusa. Le labbra superiori sono pesanti, leggermente pendule, e si arrotondano in prossimita del mascellare inferiore.
La tipica espressione del cane Dogue de Bordeaux denota equilibrio e fierezza ed importante che gli occhi siano ben distanziati fra di loro e di colore che va dal nocciola al bruno in sintonia con il colore della maschera.
Le orecchie sono relativamente piccole e di colore appena più scuro rispetto al colore del mantello, con la base un po’ sollevata e ricadenti lungo le guance.L’incollatura è massiccia, il toraceampio e disceso, ben sviluppato e possente.
La coda portata basso ed è spessa alla radice, la punta non oltrepassa il garretto. Il pelo è corto, fine, di color mogano a fulvo in tutta la sua gamma.
Risulta essere caratteristica la maschera nera o rossa. L’altezza al garrese varia da cm 60 a 68 nei i maschi e da cm 58 a 66 nelle femmine.