Gli Anfibi hanno avuto le loro origini nelle acque del globo, derivando da alcuni pesci che, a poco a poco, si sono adattati anche alla vita terrestre. Vi sono stati certi periodi, lontanissimi nella notte dei tempi, in cui gli Anfibi hanno popolato la terra in gran numero e da essi si sono originati, per evoluzione, i Rettili, gli Uccelli e i Mammiferi.
Gli Anfibi attuali sono animali di medie dimensioni (da meno di un centimetro a oltre 1,50 m, con quattro arti, talvolta atrofizzati, la pelle nuda, spesso viscosa, il cranio appiattito come quello dei rettili, i denti privi di radici e in continua crescita. L’alimentazione degli adulti è carnivora o insettivora, mentre quella delle larve è costituita da detriti vegetali.
Ma la caratteristica più saliente degli Anfibi riguarda la respirazione che non richiede grandi quantità di ossigeno ed è praticata attraverso una quantità di particolari organi disposti a seconda delle specie.
Tali organi sono sia residui dell’antica conformazione degli animali primitivi, sia frutto di adattamento all’ambiente. Nella maggioranza dei casi, le larve respirano attraverso organi speciali, le branchie, simili a quelle dei pesci, ma spesso disposte esternamente. Gli adulti invece respirano nella maggioranza attraverso i polmoni. Tutti, inoltre, assorbono aria anche attraverso la pelle e le mucose della bocca.
Vi sono tuttavia dei casi, come in certi Urodeli, in cui i polmoni sono atrofizzati e la respirazione avviene soltanto attraverso la pelle e le mucose della bocca, le narici, le coane.
Naturalmente tutti gli apparati organici degli Anfibi hanno particolarità che sono soprattutto legate a questi modi di respirazione, ma a noi basta aver dato questo cenno informativo per conoscere almeno superficialmente la realtà degli animali che dovremo accogliere e custodire.
La classe degli Anfibi comprende, in tutto il mondo, almeno 3000 specie, sia d’acqua dolce che terrestri, suddivise in tre ordini: Urodeli o Caudati, Apodi o Gimnoflori e Anuri o Salienti.
Tra gli appartenenti a questi ordini noi sceglieremo quelle specie che ci interessano particolarmente.
Indice
URODELI
Si tratta di animali il cui aspetto generale ricorda quello delle lucertole, con il capo ben differenziato dal corpo, quattro arti non molto sviluppati e una coda allungata. Il corpo è più o meno slanciato, ed ha dimensioni varie, di solito non oltre la media di 10+20 cm, ma in rari casi, come per la Salamandra gigante, possono raggiungere una lunghezza di 1,50 m.
Gli Urodeli sono diffusi in gran parte delle zone temperate a nord dell’Equatore, sebbene alcune specie americane si spingano più a sud. Preferiscono un clima umido e l’istinto della conservazione li spinge a cercare i luoghi più nascosti, prossimi all’acqua, dove sia facile scomparire senza lasciare traccia. Alcune specie hanno addirittura abitudini cavernicole, mentre altre preferiscono trovare ricovero sugli alberi e, a questo scopo, hanno la struttura delle zampe modificata per l’arrampicamento.
Salvo qualche eccezione, gli Urodeli si riproducono per uova che vengono fecondate all’esterno del corpo della madre. Le uova, a seconda delle abitudini della specie, vengono lasciate nell’acqua o abbandonate sul terreno, tranne certi casi in cui la femmina o il maschio (Salamandra gigante) si trattengono a sorvegliarle.
Dalle uova nascono larve di forme simili a quelle degli adulti, fornite di denti, che assumono il cibo risucchiandolo con le labbra. Le larve che nascono in acqua hanno di qua e di là del capo delle branchie esterne frangiate e tracce rudimentali di pinne, pure frangiate, sui fianchi o sulla coda; quelle nate sul terreno si trasferiscono quasi subito anch’esse in acqua dove completano il loro sviluppo. Alcune mantengono le branchie esterne fino alla completa maturità.
L’ambiente in cui le larve trascorrono il periodo della loro trasformazione incide su alcuni loro caratteri: le larve che crescono in acque ferme con poco ossigeno sono più corte
e tozze, le branchie molto sviluppate e hanno sul dorso e sulla coda molte pinne che coadiuvano le branchie nella respirazione e provvedono agli spostamenti. Nei primissimi giorni di vita un organo speciale, a forma di bilanciere, impedisce alle larve di sprofondare nel fango e, secernendo materia viscosa, permette di attaccarsi a sassi o rami. Non appena si completano gli arti questo organo scompare. Invece le larve, delle specie destinate a completarsi nelle acque correnti, fredde, ricche di ossigeno sono più slanciate e agili, hanno pinne sottili solo sulla coda, mancano dell’organo adesivo e hanno una muscolatura sviluppata e robusta.
Le larve che compiono il loro sviluppo sul terreno sono piccole, con coda corta e senza pinne, le branchie esterne senza frange. Esse si nutrono ancora delle parti dell’uovo
e quindi non occorre che passino attraverso lo stadio acquatico né hanno bisogno di altro cibo. Gli urodeli destinati a rimanere permanentemente nell’acqua subiscono, raggiungendo la maturità, modificazioni particolari.
Quasi tutti gli Anfibi di questo ordine vivono benissimo in cattività e sono anche piuttosto longevi. Richiedono tuttavia cure assidue, temperatura costante, così che il contenitore non deve mai ricevere direttamente il calore del sole. Un’altra esigenza di questa specie è la tranquillità: non è mai il caso di spostare bruscamente uno degli animali, né tantomeno prenderlo in mano e, se ciò si rendesse necessario, ad esempio per una fuga dal contenitore, bisognerà ricorrere ad un cencio bagnato, verso il quale il fuggiasco viene inevitabilmente attratto. L’alimentazione, come già si è detto, è assai semplice: pulci d’acqua, larve, moscerini ecc., che vanno spinti verso l’acqua con un soffio leggero, mentre per le specie più grandi il cibo spezzettato (carne, lombrichi, lumache, insetti) va calato nella vasca con grande precauzione.
Le norme igieniche, oltre che evitare il fastidio di cattivi odori o di spettacoli antipatici di acque e terreno insudiciati, valgono anche a mantenere in salute gli ospiti: le Salamandre, ad esempio, soffrono di gravi ulcerazioni della pelle a causa della poca igiene e allora occorre isolarle in appositi terrari col fondo di argilla o di ghiaia pulita e cospargerne le piaghe con polvere di penicillina. Si ricordi che nelle Salamandre le parti del corpo cadute o amputate per malattie, si riformano abbastanza in fretta.
Per le specie anfibie che usano accoppiarsi in acqua, occorre preparare una sorta di scaletta di pietre sovrapposte che scenda verso la parte dell’acquaterrario destinata all’acqua, dividendo inoltre tale parte da quella asciutta con un basso argine di pietre cementate tra loro.
Considerate queste norme elementari passiamo a un breve e semplice elenco delle specie più comuni e più adatte alle nostre vasche.
Urodeli Salamandridi
Salamandra comune o Salamandra gialla e nera (Salamandra salamandra). La sua lunghezza nelle forme europee raggiunge i 19 cm, in quelle esotiche anche i 30 cm. Il suo corpo slanciato ha la pelle nuda, di color nero lucente con macchie e strisce giallo arancio. Questi caratteri, una volta che l’animale sia adulto, non cambiano più. In libertà la Salamandra rimane fedele a un determinato territorio, nascondendosi fra le radici degli alberi o tra le rocce e uscendone in cerca di cibo. Nella cattura delle prede questi animali, di solito pigri, sono velocissimi. Emettono suoni striduli e inquieti, ma sommessi.
L’accoppiamento avviene sul terreno dopo un vivace corteggiamento da parte del maschio. Le larve restano nel corpo materno per un lunghissimo tempo completandosi in ogni parte, specialmente per quanto riguarda l’apparato branchiale. Al momento del « parto » la madre ricerca un qualsiasi luogo d’acqua, vi immerge la parte posteriore del corpo e dà alla luce i piccoli che nuotano immediatamente in cerca di cibo. Ogni femmina trattiene in sé anche 70 uova.
In cattività questi animali sono assai longevi. È stato accertato che un esemplare raggiunse i 43 anni in terrario. A loro si addice anche un terrario fornito di una semplice vaschetta cui si acceda per un piano inclinato fatto di pietre cementate.
Salamandra caucasica (Martusiella caucasica). Lunga fino a 20 cm, ha la pelle nuda e liscia e la coda lunghissima e rotonda. I maschi hanno uno sperone alla base della coda e rigonfiamenti all’altezza dell’omero. I colori sono bruno verdastro con macchie gialle. Dopo l’accoppiamento sul terreno, le larve si sviluppano nell’acqua. In cattività la specie è molto adatta, per le piccole dimensioni, all’acqua-terrario: sono animali assai vivaci e amano nascondersi sul fondo. La coda è fragile, ma, se troncata, si riforma facilmente.
Tritone crestato (Triturus cristatus). Appartiene agli anfibi europei che si possono considerare acquatici e può raggiungere 20 cm di lunghezza, ma vi sono varietà di taglie leggermente diverse. Questo Tritone è detto anche « Salamandra acquaiola ». Ha la pelle rugosa, cosparsa di verruche di colore verdastro. Il corpo e la coda sono tozzi. Nel periodo della riproduzione, il maschio presenta su tutta la lunghezza del corpo una cresta dentata. Le larve, invece, sono svelte e slanciate, nuotano bene e afferrano velocemente il cibo.
Altri Tritoni che si avvicinano per forma al crestato, anche se più piccoli, sono il Tritone degli stagni (Triturus vulga-ris) che nel maschio unisce alla cresta una membrana caudale natatoria molto grande; il Tritone alpino (Triturus al-pestris) di bellissime tinte con cresta non dentellata, di oltre 2 mm, che continua sulla coda appuntita e compressa; il Tritone elvetico (Triturus elveticus) con cresta breve e coda sottilissima; il Tritone italiano (Triturus italicus) il cui maschio, nella stagione degli amori, non ha la cresta, ma un profondo solco lungo il dorso. Dalla sua coda rotonda sporge un filamento.
Dragone dal ventre rosso (Cynops pyrrhogaster). Di origine asiatica, è lungo 14 cm. La caratteristica di questo salamandride è la presenza, ai lati del capo, di cuscinetti che contengono ghiandole otiche, cosa che si verifica anche in altri anfibi. Nella stagione degli amori manca la cresta dorsale. Sebbene, come dice il nome, abbia il ventre rosso, talvolta, per influenze ambientali, il Dragone assume sfumature azzurre. La femmina depone le uova, che si schiudono dando luogo a larve grosse e tozze, di colore scuro. La riproduzione del Dragone in cattività è assai facile, ma le larve vanno tenute al fresco e all’ombra.
Specie affini sono la Taricha nodosa, americana, e il Diemictylus viridescens.
Pleurodele o Triflotritone spagnolo (Pleurodeles waltli). Lungo circa 30 cm, di colorazione verdastra, vive in acque stagnanti e solo in epoche di siccità ritorna sul terreno, è adatto quindi all’acquaterrario. Ha una conformazione particolare delle costole che spuntano fuori della pelle. La femmina depone uova piccole, raccolte in grappoli gelatinosi; le larve presentano organi adesivi. Vive benissimo in cattività ed è assai longevo.
Urodeli Pletodontidi
Si tratta di Urodeli contraddistinti, negli adulti, da un solco ricco di ghiandole che circonda la bocca. Spesso, nei maschi, da questi solchi sporgono sul labbro superiore dei cirri. Altra caratteristica assai notevole è l’assenza dei polmoni, tranne in alcune specie che però ne hanno tracce atrofizzate. Si tratta di un gruppo molto numeroso che è diffuso in tutto il continente americano e che ha rappresentanti anche in Europa e in particolare in Italia. Per una deformazione delle ossa del cranio, essi aprono la bocca tenendo ferma la mandibola e sollevando la mascella così che tutto il capo si solleva all’indietro. Vivono in vicinanza dei corsi d’acqua, dove le loro larve si sviluppano, mentre gli adulti si arrampicano agilmente su rocce e alberi.
Alcune specie fra le più piccole, invece, trascorrono in acqua anche la vita da adulti.
Pseudotritone rosso o Salamandra rossa (Pseudotriton ruber). È di notevoli proporzioni, raggiungendo i 20 cm. La colorazione della pelle è rossa con macchiette scure nel periodo giovanile, più tardi si fa tutta scura. Il corpo è allungato, la coda breve. La respirazione avviene attraverso la cute e le mucose della bocca. Trascorre la sua vita lungo torrenti o corsi d’acqua sotterranei nel nord-America.
Specie simile è l’Eurycea bislineata, dal corpo sottile e giallastro. Anch’essa propria del nord-America, si trattiene d’inverno sul terreno ma, se le condizioni della temperatura le permettono, rimane volentieri in acqua.
Geotritone sardo (Hydromantes genei). È un esemplare esclusivo della Sardegna, misura circa 11 cm, è sottile, verdastro, con arti gracili, la coda meno lunga del corpo.
L’intero sviluppo, dallo stadio larvale a quello di adulto, si svolge sul terreno. È facile tenerlo in terrario, purché abbia
possibilità di nascondersi.
Specie simile è il Geotritone italiano (Hydromantes italicus).
Urodeli Inobiidi
Sono Urodeli in gran parte terrestri, il cui sviluppo apporta profonde modificazioni sia alla dentatura sia alle branchie. Nella maggior parte dei generi i denti palatini assumono disposizioni particolari. Le branchie si atrofizzano e la respirazione avviene per polmoni. La coda non è mai più lunga del corpo ed è compressa ai lati. Sono tutte specie asiatiche.
Inobida siberiano o Salamandrella di Keiserling (Hynobius keyserlingii). Questa specie si spinge sino alle porte dell’Europa, nelle regioni siberiane. Si tratta di un animaletto molto delicato, lungo circa 13 cm, con 13 o 15 solchi intercostali, una coda compressa ai lati che nel suo primo tratto è carenata. La pelle è scura, con i fianchi percorsi da fasce più chiare. Ha i denti palatini disposti a triangolo con il vertice verso l’interno. La femmina depone uova che sono fecondate esternamente. In cattività si mostra sensibile e molto timida.
Allo stesso genere appartiene la Salamandrella di Kimura (Hynobius kimurai) diffusa in Giappone, bruna, picchiettata di chiaro, con la coda breve e massiccia. I denti palatini sono disposti in lunghe file.
Onicodattilo del Giappone (Onychodactylus japonicus). È un Inobiida appartenente ad un genere diverso dai precedenti, che si distingue per il fatto di avere, durante il periodo della riproduzione, come dice il nome, le dita delle zampe armate da una sorta di unghie simili a quelle delle Lucertole. L’Onicodattilo è lungo 16 cm, ha il corpo bruno-giallastro, più chiaro sul ventre; sul dorso presenta una fascia seghettata. È originario delle zone montane del Giappone, dove abita le rive dei torrenti; in cattività non teme quindi la temperatura più fredda.
Urodeli Proteidi
È una famiglia i cui membri si distinguono per numerose caratteristiche: prima di tutto mancano di palpebre, poi hanno zampe piccolissime, presentano branchie esterne e, insieme i polmoni. Il cranio è quasi tutto cartilagineo, mancano le ossa mascellari, ma i denti palatini sono disposti in due serie e si notano denti anche sul premascellare e la mandibola.
Proteo (Proteus anguineus). Si tratta di un animale il cui allevamento è piuttosto delicato per diverse ragioni e che quindi richiede accorgimenti particolari. Ciò dipende dal fatto che il Proteo vive esclusivamente nelle acque sotterranee carsiche (grotte di Postumia), in un ambiente che lo ha profondamente modificato. Esso, infatti, è lungo 30 cm, la sua pelle delicatissima è rosea e nuda, le tre branchie esterne arricciate gli danno l’aspetto di una larva, anche quando l’individuo è adulto. Gli occhi, a causa della mancanza di luce, sono semiatrofizzati e sostituiti da altre strutture sensoriali. In libertà, i Protei vivono nelle pozze d’acqua formatesi tra le rocce calcaree delle grotte, da cui escono per trattenersi anche a lungo sul terreno, respirando con i polmoni e strisciando in cerca di cibo. Fuori dell’acqua, però, la loro pelle, che è estremamente vischiosa, tende ad asciugarsi mutando di colore. Lo stesso effetto è prodotto da una forte illuminazione che, oltre che scurirla, attacca la pelle stessa con infezioni da funghi parassiti. Non appena l’animale ritorna nell’ombra e nell’acqua questi inconvenienti scompaiono.
All’epoca degli amori, il maschio sceglie un territorio scacciandone ogni rivale, in esso la femmina lo raggiunge cominciando a deporre un gran numero di uova, queste vengono distribuite su di un’area di circa 30 cm di diametro, sorvegliate e difese da ambedue i genitori fino alla nascita delle larve che raggiungono poi l’acqua.
In cattività è bene mantenere i Protei in vasche tutte in vetro senza fondali predisposti, tenendoli lontani da ogni agitazione e da ogni fonte viva di luce. Mentre allo stato libero il Proteo non ha alcun fastidio per l’inquinamento dell’acqua, in vasca ha bisogno di un’estrema pulizia. Si nutre di pulci d’acqua, Tubifex e briciole di carne di pesce. È molto longevo.
Cane d’acqua (Necturus maculosus). Di origine nordamericana. Pur avendo molte delle caratteristiche del Proteo, di cui è affine, ma di un altro genere, vive nelle acque superficiali in piena luce. Gli accoppiamenti autunnali danno grosse uova che diventano larve uno o due mesi più tardi.
Urodeli Ambistomidi
Gli appartenenti a questa famiglia, unitamente ai Salamandridi, vengono classificati come Urodeli superiori e hanno quasi tutti un capo largo, con occhi piccoli, corpo tozzo con solchi costali visibili, coda schiacciata ai lati. Posseggono polmoni e, spesso, le branchie mancano anche nello stadio larvale. Vivono per la maggior parte sul terreno, cercando vari nascondigli e si accostano all’acqua soltanto per la riproduzione. Le larve solitamente si sviluppano completamente dopo un anno o anche due. Alcune specie rimangono allo stato larvale per tutta la vita, pur riproducendosi. Salamandra tigre del Missouri (Ambystoma tigrinum). È un grosso urodelo lungo da 19 a 33 cm, robusto, con la pelle macchiata o fasciata di chiazze o di righe bruno-olivastre, a seconda delle varietà. Allo stato larvale può essere mantenuto in vasche con molta vegetazione e nutrito di carne sminuzzata o di vermi. Quando appaiono le macchie sulla pelle e si rivela la definitiva metamorfosi, l’animale va trasferito nell’acquaterrario dove la parte riservata all’acqua è ben divisa dal terreno asciutto e su questo l’Ambystoma rimane fino al momento della riproduzione.
Allo stesso genere appartengono altre sottospecie, tutte americane che portano la qualifica di tigrinum per il caratteristico aspetto della pelle (A. tigrinum tigrinum, A. tigrinum mavortium, A. tigrinum velasci, A. tigrinum diaboli, ecc.). Axolotl (Ambystoma mexicanum). È una specie che molti considerano simile alla Salamandra tigre, mentre altri senz’altro la confondono con essa. È lunga 29 cm e vive esclusivamente nel lago Xochimilco nel Messico, ma è assai frequente in cattività ed allevata facilmente, sebbene la sua colorazione diventi un po’ più scura. Si riproduce nell’acqua e nell’acqua svolge tutta la lunga vita larvale. Solo l’esaurirsi dell’acqua o la mancanza del cibo in essa contenuto lo spingono sul terreno asciutto, e allora la sua pelle diventa macchiata come quella della Salamandra tigre.
Urodeli Criptobranchidi
Sono i giganti dell’ordine e la loro presenza negli acquaterrari è subordinata alla grandezza delle vasche di cui si dispone. La metamorfosi dallo stadio branchiale a quello adulto non porta molte modificazioni al loro organismo: scompaiono soltanto le branchie mentre si conserva la dentatura primitiva. Le dimensioni e il peso sono imponenti. Salamandra gigante del Giappone (Andrias japonicus o Megalobatrachus japonicus). La sua lunghezza può raggiungere 1,50 m con un peso di oltre 10 kg. È un anfibio tipicamente acquatico che allo stato libero vive nei torrenti dell’isola giapponese di Hondo, al di sopra dei 1000 metri di altitudine.
La sua attività è prevalentemente notturna, da adulto predilige acque profonde. È un grosso animale tozzo, dalla testa piatta, la coda corta e massiccia, la pelle scura. Si riproduce per uova che la femmina depone a centinaia, avvolte in un involucro gelatinoso; intorno ad esse i genitori rimuovono l’acqua per fornire la necessaria ossigenazione.
Le larve nascono dopo due mesi, provviste di branchie a forma di ciuffi sui lati del capo, branchie che sono riassorbite nel passaggio allo stadio adulto. In libertà queste Salamandre si nutrono di pesci, vermi, crostacei; in cattività richiedono carne tritata, rane, girini, pesci.
ANURI
Gli appartenenti all’ordine degli Anuri hanno un aspetto così ben definito che correntemente vanno con la denominazione di « rane » o « rospi », sebbene il numero dei generi e delle specie sia grandissimo e altrettanto numerose siano le forme assunte sia per linee evolutive, sia per adattamento all’ambiente. Anche il loro habitat è così vasto che sarebbe difficile descriverlo in un breve compendio.
A noi, comunque, interessano, come al solito, alcune nozioni generali che ci permettano di identificare e custodire correttamente quegli appartenenti all’ordine che possono abitare nelle nostre vasche.
Il nome di Anuri indicherebbe la mancanza della coda, caratteristica che, unitamente a speciali configurazioni scheletriche, dovrebbe costituire la fisionomia di base di tali animali. Le principali di queste particolarità saranno descritte parlando di ogni singolo esemplare.
Le caratteristiche più evidenti, tuttavia, di alcuni generi sono, ad esempio, le dita degli arti anteriori o posteriori collegate con membrane natatorie di forma diversa, la presenza dei cosiddetti sacchi vocali che nei maschi di alcune specie sono collegati alla laringe e che consentono suoni anche di ampiezza e risonanza notevoli.
Altra caratteristica è rappresentata dalla pelle nuda, sensibilissima alla temperatura e all’ambiente, dalla presenza (per la prima volta nei vertebrati) di orecchio medio e di membrana timpanica, e dal possesso di una vista e un olfatto sviluppati.
L’alimentazione, tranne in qualche caso, è orientata verso insetti e altri piccoli organismi, a seconda delle disponibilità; non è escluso anche il cannibalismo.
La riproduzione merita speciale attenzione, soprattutto per l’andamento delle metamorfosi per cui gli Anuri giungono alla fase adulta. Il maschio attira la femmina con il suo « canto » e, sceltala, la cinge con le zampe in modi diversi. Gli accoppiamenti possono avvenire anche tra specie diverse se nella località vi è un numero notevole di individui. Vi sono alcuni Anuri vivipari, ma, di solito, la riproduzione è ovipara, e il maschio feconda immediatamente le uova che, generalmente, sono a gruppi agglutinati tra loro e restano attaccate a piante o erbe. Anche in questo caso vi sono modalità diverse che verranno descritte nei casi particolari.
Dalle uova escono, con varie modalità, le larve che, provviste di organi adesivi, si attaccano nelle vicinanze, rimanendo immobili per qualche tempo o agitando solo le ciglia vibratili che hanno sulla pelle. Più tardi si muovono liberamente, e respirano mediante branchie esterne che a poco a poco si nascondono sotto una piega della pelle, lasciando solo una piccola apertura mentre gli occhi diventano funzionali, si aprono le cavità boccale e anale, le mascelle formano una sorta di becco e intorno alla bocca spuntano tubercoletti ossei.
La larva è così diventata girino, in grado di nuotare e di nutrirsi di vegetali acquatici e di detriti animali afferrati servendosi del becco corneo. L’acqua assorbita dalla bocca ed espulsa dall’apertura branchiale provvede, oltre che a trattenere gli alimenti nutritivi, anche al fabbisogno di ossigeno della respirazione. A poco a poco compaiono le zampe posteriori, quindi quelle anteriori, si formano i polmoni, così che i girini possono respirare in superficie. Le branchie e la coda si atrofizzano, il becco scompare, la bocca si allarga. Quando l’ultimo resto di coda è scomparso, il girino viene a terra, assume lo stato adulto e la sua alimentazione diventa prevalentemente carnivora.
Tutto questo periodo può durare più o meno a lungo a seconda delle specie e delle condizioni ambientali.
Molti Anuri si prestano ad essere ospiti dei nostri terrari che, comunque, non si consiglia accolgano troppi individui, anche perché alcuni di essi secernono un muco velenoso che può riuscire dannoso agli altri.
Il terrario (anzi, l’acquaterrario) non dovrà essere esposto alla luce diretta del sole, e sarà appositamente studiato per imitare una riva fluviale per le rane o per offrire un terreno asciutto, al massimo con un fossatello d’acqua arginato da cemento quando si tratta di rospi, che amano avere un fondo ricco di nascondigli. Se si tratta di raganelle, infine, occorrerà guarnire il terrario di un tronchetto o della solita scorza di sughero arrotolata, ricoprendolo di piante rampicanti.
Naturalmente, per le specie tropicali sarà necessario un impianto di riscaldamento come abbiamo già descritto nella parte generale.
L’allevamento dei girini riesce interessante e divertente: per osservarli si potranno disporre vasche di vetro senza alcun terreno di fondo, dove l’acqua sia cambiata ogni giorno e sia sempre pulita.
Naturalmente queste sono indicazioni generali, perché vi sono, ad esempio, specie che vivono solo nell’acqua (e quindi ci si può servire di un acquario), o specie che alternano l’esistenza sul terreno a quella nell’acqua e per i quali è adatto l’acquaterrario.
Anuri inferiori
Sono così chiamati perché presentano forme anfibie più primitive. Tra essi vi sono specie che vivono soltanto nell’acqua.
Rana caudata (Ascaphus truei). È un Anfibio lungo circa 5 cm che in libertà abita i luoghi freschi a una certa altitudine, ma che può adattarsi a una continua permanenza in acqua, uscendone soltanto per la ricerca del cibo. Questa rana non possiede coda, nonostante il suo nome, ma i maschi presentano un prolungamento della cloaca lungo una decina di millimetri, che serve per l’accoppiamento. La femmina ha così una fecondazione interna che si prolunga dall’autunno all’estate, epoca in cui depone tra i sassi del fondo da 30 a 50 uova, unite in un cordone gelatinoso. I girini nascono dopo un mese e compiono tutto il loro sviluppo in un tempo lunghissimo, anche di due anni; essi possono fissarsi alle pietre con un organo adesivo boccale.
Pipa (Pipa pipa). Fa parte di un gruppo di specie sudamericane che vivono quasi esclusivamente nell’acqua e sono privi di lingua. La femmina è lunga tra 12 e 20 cm ed è particolarmente interessante in quanto le sue uova appena deposte, scivolano sul dorso della madre, in fossette disposte l’una accanto all’altra dove si schiudono e rimangono fino al completo sviluppo dell’animale.
Specie affine è il Pipa parva, di piccolissime dimensioni.
Xenopo liscio (Xenopus laevis). È una specie africana, così chiamata per la pelle liscia e viscida. Ha le dita delle zampe posteriori collegate da una membrana, e tre di esse hanno unghie artigliate. Il corpo è snello e rivela l’adattamento completo alla vita nell’acqua, gli occhi sono rivolti verso l’alto e la lingua è mancante. La femmina, lunga 12 cm, è assai più grande del maschio e depone un grandissimo numero di uova, attaccandole alle foglie delle piante dopo la fecondazione.
Sia il Pipa che lo Xenopo possono vivere benissimo in un acquaterrario temperato dove la parte riservata all’acqua non sia molto profonda, perché gli animali sollevano spesso la testa in superficie per respirare.
Alite ostetrico (Alytes obstetricans). È uno dei più interessanti anfibi che popolino le acque europee. È lungo 3 o 5 cm ed è color grigio-cenere. Alterna i suoi soggiorni sul terreno, preferibilmente sabbioso, a quelli nell’acqua. La sua caratteristica più nota è la modalità della riproduzione.
L’accoppiamento, infatti, è sempre notturno, e le coppie si formano lanciando sonori richiami per individuarsi. Dopo di che il maschio abbraccia strettamente la femmina che depone le uova, immediatamente fecondate, avvolte in un cordone gelatinoso. Dopo un quarto d’ora dalla fecondazione, il maschio, con abili movimenti del corpo, avvolge attorno alle proprie zampe il cordone gelatinoso e, a operazione terminata, si distacca dalla compagna. Per un periodo che va dai 18 ai 49 giorni, a seconda delle condizioni ambientali, il maschio porta su di sé questo cordone che racchiude circa una quarantina di uova e spesso accosta un’altra femmina, ricevendone un supplemento di prole. Durante tutta l’incubazione rimane silenzioso, uscendo soltanto la notte dal suo nascondiglio fino a che, comprendendo per istinto che è venuto il momento, raggiunge l’acqua, vi immerge la parte posteriore del corpo per un’ora o due, fino a che tutti i girini non siano usciti dall’uovo e il padre possa andarsene finalmente libero e alleggerito.
Questo processo è naturalmente poco frequente in cattività, a meno che non si possano attrezzare acquaterrari da laboratorio.
Altri appartenenti agli Anuri inferiori sono i rappresentanti del genere Bombina: l’Ululone dal ventre rosso (Bombina bombina), l’Ululone dal ventre giallo (Bdmbina variegata), l’Ululone gigante (Bombina maxima), ecc., tutti, come i Pipa, risiedono preferibilmente in acqua, sono contraddistinti da colori vistosi e molto ornamentali.
Anuri superiori
Sono in gran numero e diffusi in tutto il mondo, con una molteplicità di forme dovute ai diversissimi ambienti in cui vivono.
Rana comune o degli stagni (Rana esculenta). Come gran parte degli appartenenti alla famiglia dei Ranidi, questa rana si trattiene in vicinanza di luoghi d’acqua dove non vi siano forti correnti e alterna la permanenza in acqua con quella sul terreno.
Nell’acqua essa trascorre il letargo invernale e, quando ne esce, in primavera, il suo corpo è bruno-scuro, ma ben presto, sotto l’azione della luce, assume il classico colore verde con macchie scure. Vive in tutte le acque europee, riunita in colonie anche numerosissime, che emettono richiami diversi a seconda delle occasioni. Il richiamo sessuale dei maschi è un gracidio prodotto con il rigonfiamento dei sacchi vocali.
La misura comune è di circa 9 cm. La riproduzione avviene per uova che si schiudono nell’acqua, da cui escono i girini. La Rana esculenta è vivacissima, quindi, più che in un terrario, si potrà allevare in piccole vasche con le sponde digradanti ed erbose. Ha un’indole socievole ed è facilmente addomesticabile.
Rana temporaria (Rana temporaria). È molto comune nell’Europa settentrionale e prevalentemente terricola. Di aspetto pressappoco simile alla Rana comune, ma più grande, è di solito di colore bruno che si ravviva di tonalità azzurre o gialle durante l’epoca della riproduzione.
La sua caratteristica è la precocissima deposizione delle uova, cosa che avviene in grandi colonie di femmine riunite da un particolare istinto nella stessa località.
In cattività, la Rana temporaria può essere sistemata come quella esculenta, a patto che il piccolo stagno artificiale non sia rimosso fino alla completa maturità dei girini i quali, una volta adulti, vi ritornano.
A questo proposito non è male ricordare la grande utilità che hanno i terrari e installazioni simili per lo studio diretto di molte di queste specie le cui fasi di vita, in libertà, non sono osservabili.
Rana arvale (Rana arvalis). È molto simile alla Rana tem-poraria, per quanto di dimensioni minori, con il muso più appuntito e senza macchie scure sulla pelle del ventre.
Rana dalmatina (Rana dalmatina). È diffusa in tutta l’Europa e nel vicino Oriente. È detta anche saltatrice perché in grado di compiere balzi anche di due metri per la speciale struttura dei suoi arti posteriori. Questa Rana, un tempo di preferenza acquicola, vive ora sul terreno e ritorna all’acqua soltanto per la riproduzione. Richiede un acquaterrario vasto o una vaschetta recintata con larghi bordi erbosi in pendenza.
Specie affini sono la Rana areolata nordamericana, che si nasconde in tane sotterranee, la Rana ridibonda o delle paludi (Rana ridibunda), europea, assai simile all’esculenta con cui frequentemente convive e si confonde, la Rana leopardo (Rana pipiens) nordamericana, che vive nei boschi lungo i luoghi d’acqua dove depone le uova, la Rana tigrina asiatica, verde smeraldo, che viene cacciata a scopo alimentare, la Rana verde americana (Rana clamitans), detta anche Rana urlatrice, la Rana nilotica (Rana mascareniensis) africana, lunga anche 30 cm e del peso di 3 o 4 kg.
Rana toro (Rana catesbeiana). Anfibio nordamericano, dal corpo macchiato di scuro, lungo 25 cm, che abita in colonie; è riconoscibile per il suono profondo, simile ad un muggito, che emettono i maschi quando si disputano un territorio in vista della riproduzione.
Rana golia (Gigantorana goliath). Questa Rana africana è il gigante dei Ranidi, e anche dell’intero ordine degli Anfibi. Può raggiungere anche i 40 cm di lunghezza ed ha un corpo tozzo, carnoso, di colore scuro con il capo coperto di tubercoli e gli arti posteriori fortemente palmati. Sebbene risieda altrettanto bene sul terreno, nei momenti di pericolo usa nascondersi sul fondo dei fiumi. È pigra, pessima saltatrice. Alla sua carne è stato riconosciuto un valore alimentare pari a quello del pollo. Si riproduce per uova, ma l’evoluzione dei girini fino allo stadio adulto è molto lunga e complessa.
Rospo comune (Bufo bufo). Non appartiene alla famiglia dei Ranidi, ma a quella degli Anuri Bufonidi, diffusa in tutto il mondo, tranne la Groenlandia e le regioni australi. I Bufonidi sono animali terragnoli, adatti quindi al terrario, che si nascondono di giorno fra le pietre o in buche scavate nel terreno. Sono miti e tranquilli e buoni distruttori di insetti nocivi. Il Rospo comune ha una struttura massiccia, con la pelle tubercolata, che va dal giallo al bruno a seconda della muta. I maschi sono più piccoli delle femmine (circa 17 cm), e dall’autunno alla primavera, nel periodo degli amori, hanno all’interno di tre dita degli arti anteriori dei rigonfiamenti scuri. Tutti e due i sessi presentano ai lati del capo ghiandole che secernono una sostanza irritante. In primavera i rospi lasciano i luoghi alberati dove hanno passato l’inverno e si avviano in colonie verso le pozze d’acqua che ogni anno servono alla riproduzione, anche se lontanissimi dalla residenza abituale. I maschi lanciano richiami simili a latrati e l’accoppiamento avviene dove l’acqua è più profonda.
La deposizione si verifica dopo molti giorni. Le uova sono contenute in cordoni gelatinosi fissati alla vegetazione. Non appena terminata la fecondazione, il maschio ritorna a vivere sul terreno.
I girini escono dal guscio in aprile e compiono la loro evoluzione in qualche mese, raccogliendosi in gran numero presso le rive e spostandosi in branco in cerca di cibo.
Il Rospo, nonostante la sua ingiustificata brutta fama, è piacevole in terrario per la sua mitezza e per il barlume di intelligenza che si scorge talvolta nei suoi occhi dalle pupille orizzontali.
Altre specie di Rospi sono il Rospo calamita (Bufo calamita), così chiamato dalla denominazione latina della canna (calamus). Ha una linea gialla lungo tutto il dorso. Questo rospo cammina a sbalzi, ma non salta a causa della brevità delle sue zampe posteriori. Viene anche denominato Rospo corridore o Rospo dei canneti.
Bufo marino (Bufo marinus). È un anfibio sudamericano, lungo 17:22 cm, che vive nelle campagne spingendosi fino all’abitato e nutrendosi di piccoli vertebrati. La sua riproduzione è quella comune agli altri Bufonidi.
Caratteristico è il suo pronto adattamento ad ogni ambiente. Infatti, accetta residui di cibo o detriti vegetali. Le sue uova sono velenose anche per l’uòmo, inoltre esso è in grado di lanciare a distanza il veleno delle ghiandole che porta ai lati del capo.
Affine al Bufo marino è il Rospo gigante della Colombia (Bufo blobergi) altrettanto grosso, se non di più; è in via di estinzione.
Rana toro indiana o Calula (Calula pulchra). Appartiene alla famiglia dei Microilini, è diffusa nell’Asia sud-orientale. t lunga 8 cm ed ha sugli arti posteriori una specie di sperone corneo che le serve per scavare il terreno. Non teme di avvicinarsi ai luoghi abitati. Nelle regioni più vicine all’Equatore può riprodursi in ogni epoca dell’anno, altrove ha una determinata epoca degli amori, durante la quale i maschi lanciano alte grida rigonfiando il sacco vocale e attirando così le femmine lungo i corsi d’acqua. Compiuto l’accoppiamento e la deposizione, il maschio si allontana ritornando sul terreno asciutto. Le uova si sviluppano nell’acqua e spesso, quando il calore del sole asciuga le pozze più piccole, vanno perdute.
Tutte queste specie di Anuri possono vivere prevalentemente in acquaterrario e alcune di esse riprodursi agevolmente, se sono create per loro condizioni adeguate, soprattutto di temperatura.
Anuri arboricoli
Abbiamo raggruppato sotto il titolo di Anuri arboricoli alcuni di quei numerosissimi Anuri superiori che si sono definitivamente abituati a vivere sulla terra, che hanno assunto colori che si addicono alla permanenza tra la vegetazione, protetti così da una buona mimetizzazione. Molte specie hanno zampe provviste di dischi adesivi che facilitano l’arrampicamento. Alcuni di essi non scendono neppure in acqua per gli accoppiamenti. Per la maggior parte, quelli che ci riguardano appartengono alla famiglia degli Ilidi e vanno solitamente sotto il nome di Raganelle, del genere Hyla. Abbiamo aggiunto anche un rappresentante di altri generi, fra quelli più adatti ai nostri terrari.
Raganella comune o Ha arborea (Hyla arborea). È uno degli Anuri arborei più diffusi in Europa, dove è ben nota per il suo graziosissimo aspetto dato dalle dimensioni (4 cm) e dalla tinta verdissima della sua pelle, che tuttavia, sotto l’impulso di condizioni ambientali o di eccitamenti, può mutarsi in bruno olivastro o grigio.
L’Ila arborea, pur vivendo sugli alberi, è ancora una delle specie che scendono all’acqua per la riproduzione, fra aprile e giugno. Per questa funzione vitale essa sceglie i canneti, gli stagni fitti di vegetazione o addirittura le pozze di acqua piovana. Verso sera i maschi raggiungono questi luoghi e con alti richiami attirano le femmine dilatando i sacchi vocali, che qualche volta diventano grandi quanto il corpo. Successivamente giungono le femmine e cominciano la deposizione attaccando alla vegetazione circostante le uova già fecondate. Quando i girini escono dal guscio sono piccolissimi, con una sottilissima e trasparente frangia di pinne attorno al corpo, che, col tempo, diventa di colore verdastro. Gli occhi sono grandi e scuri. In luglio o agosto, completato lo sviluppo, i piccoli ritornano alla vita arboricola.
Come si comprende, animali di questo tipo, graziosissimi e vivaci, rappresentano una simpatica popolazione dei terrari, per quanto sia possibile anche abituarli a frequentare orti e giardini.
Raganella del Pacifico o Ila regilla (Hyla regilla). Prende il nome da un disegno abbozzato intorno al capo in forma di corona. È ancor più piccola della Raganella europea, in quanto non misura che 2,5 cm. Non cambia mai di colore; allo stato libero vive anche a notevoli altezze. La riproduzione avviene come per la Raganella, ma i maschi, in questo caso, scelgono un territorio dove attirare le femmine e talvolta, a riproduzione avvenuta, ritornano ai primitivi luoghi di soggiorno posti a grandissima distanza da quello dove sono nati i piccoli.
Raganella fabbro (Hyla faber). È di diffusione sudamericana e deve il suo nome al richiamo che ricorda il battere di un martello sul metallo. È lunga 9 cm.
Caratteristica è l’abitudine dei maschi che, scelto il luogo per la riproduzione in uno stagno, vi creano col fango una serie di bacini del diametro di una trentina di centimetri, con pareti piuttosto alte. Quando col suo grido il maschio chiama la femmina, la deposizione avviene in questi scomparti. I girini, dopo qualche tempo, ne escono per nuotare liberamente dove l’acqua è più ricca di ossigeno e adatta alla loro crescita.
Raganella cerulea (Hyla coerulea). Può considerarsi un piccolo gigante, essendo lunga fino a 10 cm. È diffusa in Australia e Nuova Guinea e si distingue per i bellissimi colori della pelle.
Vi sono molte altre specie del genere Hyla sul continente americano o in Australia, dove vive, oltre la cerulea, la Raganella dorata (Hyla aurea) che assomiglia molto alle Rane nostrane, esclusi i dischi adesivi alle dita.
Gastroteca ovifera (Gastrotheca ovifera). Appartiene al genere Gastrotheca che ha per caratteristiche una sorta di teca chiusa da una membrana trasparente che la femmina ha sul dorso, dove ripone al sicuro fino a 26 uova. Le larve escono dal guscio, ma restano in questa specie di ricovero materno nutrendosi dei resti dell’uovo fino ad uno stadio avanzato di sviluppo, quando, cioè, sono già spuntate le zampe posteriori. La femmina li lascia allora cadere entro calici di bromelie pieni di acqua piovana dove si completa la metamorfosi.
La Gastroteca ovifera è lunga 10 cm. Il maschio, molto più piccolo, feconda le uova tenendosi sul dorso della sua compagna.
Abitudini simili ha la Gastroteca marsupiata, che produce uova assai più piccole e numerose, così che il nutrimento dei girini nel « marsupio » ha una sufficienza assai ridotta e lo sviluppo avviene per la maggior parte all’esterno.